Quindi, l’embargo dell’editore è caduto e ora si può dire ufficialmente.

Alla fine dell’anno scorso è uscito in libreria Il detective fantasma, di una tale Vanessa S. Riley. Come già trapelato, Vanessa S. Riley sono io e il libro è il seguito del Club dei cantanti morti.

Perché è uscito con un altro nome?

La risposta è semplice e un po’ deprimente: dopo Il club dei cantanti morti, con Fanucci abbiamo toccato con mano quello che, fino a quel momento, per me era stato solo un dato teorico, ossia che i lettori italiani odiano l’idea di comprare romanzi fantasy scritti da italiani. E infatti, come dire, non li comprano. Per cui con Fanucci abbiamo deciso di optare per la classica mossa dello pseudonimo straniero e duole dire che ha pure funzionato. Peraltro il libro è più un giallo che un fantasy, al massimo lo definirei urban fantasy o weird. A quanto pare i lettori italiani odiano ancora di più comprare urban fantasy o weird scritti da italiani. Solo i romanzi per ragazzini sono accettabili, se scritti da una connazionale.

Qua viene il bello, però.

Il detective fantasma, come dicevo, è il seguito del Club dei cantanti morti. I nuovi lettori sono rimasti spaesati e borbottano che la storia pregressa del protagonista (SPOILER! Jack Wyte) non è spiegata abbastanza bene. In compenso i vecchi lettori non si sono accorti che il libro fosse uscito, tranne un’esigua minoranza.

Sono contenta di tutto ciò? Insomma, sono ligure, quindi partite dal presupposto che “contenta-contenta” è uno stato d’animo che non capisco nemmeno.

E mi sento un po’ in colpa, un po’ meno integra di quelli che ho sempre sperato che fossero i miei standard e alla fine va bene così, posso conviverci. Agendo sulla base di questo latente senso di colpa, nei prossimi giorni farò uscire un lungo racconto con protagonista L’Uomo dei Crocevia al prezzo più basso che Amazon mi consentirà di applicare (e suppongo sarà un ridicolo 0.49). Me lo dico da sola, ma è un gran bel racconto, in cui Il Maestro e Margherita incontra il delitto in camera chiusa.

Per i cultori del genere, credo anche di aver trovato una soluzione relativamente nuova, di certo non una di quelle indicate da Dickson Carr. Non posso esserne sicura, perché non ho letto tutte le storie di delitti in camera chiusa mai usciti. Diciamo che la mia soluzione non l’ho mai trovata. Ringrazio Amanda Blake per la copertina.

Il titolo del racconto (di una cinquantina di pagine) è La natura del mio gioco e, sì, è un riferimento alla canzone degli Stones. Uscirà in ebook tra pochi giorni, un omaggio simile a quello che un gatto potrebbe lasciarvi sul letto alla mattina: un pensiero dolce, ma spesso sanguinoso.

Passiamo ora alle informazioni commerciali vere e proprie.

La sinossi di Il Detective Fantasma è questa:

Jack Wyte è morto. La sua morte è stata una strana faccenda, il genere di faccenda che quando ti chiedono «Come sei morto?» ti dà il diritto di rispondere: «È una lunga storia». Si lascia alle spalle una carriera nella Squadra Omicidi che gli ha fatto male alla salute, una vita solitaria, una ex-moglie con cui non parlava da anni, una figlia ormai adulta e l’amore di Dare, l’unico essere al mondo che può vedere i fantasmi ma non vuole più vedere lui. E se pensava che tirare le cuoia, nella sua sgradevolezza, risolvesse tutti i problemi, si sbagliava di grosso. Morire, in realtà, è stato solo l’inizio. A Londra ci sono stati dei decessi diciamo poco ortodossi. E pure a Los Angeles. Sua figlia, in uno scavo archeologico in Guatemala, ha incontrato un tizio che le legge nel pensiero. Due personaggi non proprio umani sono stati incaricati da un concilio di non-morti di insabbiare tutto l’insabbiabile, con le buone o con le cattive. La detective Jamaica Kingstone della Metropolitan Police possiede la Vista, e questo non ha migliorato il suo umore. O il suo carattere. Anzi l’ha resa molto nervosa. C’è robaccia sovrannaturale dappertutto e i funzionari della morte non hanno il tempo o il personale per risolvere il casino in corso. Anche perché non si sono ancora accorti del vero problema. D’altronde si sa, al giorno d’oggi muore troppa gente e sono molto impegnati. Il caso, così, finisce metaforicamente sulla scrivania di Jack Wyte, la cui vita non è stata un granché, ma la cui morte si preannuncia anche peggio. Perché la verità non è mai gradevole e l’indagine in corso lo obbligherà a confrontarsi con dei fantasmi molto più inquietanti delle ombre dell’aldilà.

Come direbbero a Wall Street: è il momento di comprare. O di recensire, se avevate già comprato.

Informazioni su Susanna Raule

Susanna Raule, psicologa e psicoterapeuta, è nata alla Spezia nel 1981. Ha lavorato come traduttrice e sceneggiatrice per vari editori. Nel 2005 vince il Lucca Project Contest con il suo fumetto "Ford Ravenstock – specialista in suicidi", con i disegni di Armando Rossi, in seguito finalista al Premio Micheluzzi (Napoli Comicon). Nel 2010 è tra i finalisti del premio IoScrittore promosso dal gruppo editoriale Mauri Spagnol con "L’ombra del commissario Sensi", che esce per Salani, con cui pubblica anche "Satanisti perbene" e "L’architettura segreta del mondo". In seguito esce una prima edizione de "Il Club dei Cantanti Morti", il graphic novel "Inferno", "I ricordi degli specchi" e l’antologia di racconti a tiratura limitata "Perduti Sensi". "Il club dei cantanti morti" nel 2019 diventa il primo volume di una trilogia crime-sovrannaturale per Fanucci. Nel 2020 viene ripubblicato un primo volume di "Ford Ravenstock" per Doulble Shot. Su Wattpad è disponibile gratuitamente il suo romanzo "La signora Holmes". "L’ombra del commissario Sensi" è stato selezionato dal Sole 24 Ore nella collezione dei migliori gialli italiani. Scrive per le testate Esquire, Harper’s Bazaar e Wired. È tra le fondatrici del collettivo per la parità di genere nel fumetto Moleste (www.moleste.org). Il suo sito è www.susannaraule.com

Una risposta »

  1. Paolo Fiore ha detto:

    Letto e comprati subito entrambi…ma mi manca il Commissario Sensi!!

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